
di Mario Petrelli - Felice Peretti nasce a Grottammare il 13 dicembre 1521 alle ore 16.30 nel luogo dove oggi sorge la Chiesa di Santa Lucia fatta costruire dal Papa stesso ma, per sopraggiunto morte poi, terminata dalla sorella Camilla, contessa di Celano e Marchesa di Nomento l’anno 1594 con una spesa di 25.000 scudi.
Di famiglia umile diventò “Frate dell’Ordine dei Conventuali” raggiungendo rapidamente i più alti gradi della gerarchia Cattolica.
Sul suo conto vengono narrati numerosi “aneddoti” nonostante la sua profonda religiosità lo portasse ad uno scetticismo verso i miracoli ottenuti a pagamento.
Felice Peretti diventa Papa il 24 aprile 1585 con il nome di Sisto Quinto. Nasce a Grottammare, allora paesino di circa 200 anime da padre montaltese “Francesco Piergentile detto Peretto” e madre “Marianna” di Frontillo di Sotto circoscrizione di Pievebovigliana (Mc.).
Sisto V Papa rimarrà molto legato al suo “Piceno” e alla “Marca” in generale avendo ingrandito sopratutti Loreto, Fermo, Macerata, Moltalto e Grottammare.
Il Papa grottammarese è passato alla storia come il “trasformatore” di Roma piantando “Obelischi”, finendo la Cupola di San Pietro, finendo il Quirinale ma soprattutto dissetando Roma per sempre, sino a quel momento riarsa dalla sete con copiose acque attinte alle sorgenti della famiglia Colonna e Palestrina.
In uno dei tanti aneddoti attribuitigli si racconta che a Roma si era sparsa la notizia che in una Chiesa fuoriporta un astuto Parroco faccendiere aveva un Crocifisso che, miracolosamente, grondava di sangue vero.
Papa Sisto, venuto a conoscenza del fatto, si recò di persona sul luogo per rendersi conto di quanto la cupidigia umana potesse arrivare a tanto per arricchirsi a spese degli ingenui credenti.
Vista la figura del: “Cristo sanguinante sulla Croce “, il Papa ordinò che gli venisse portata una accetta e, accostatosi all’oggetto miracoloso pronuncio: “Come Dio ti adoro, come legno ti spacco”, e con un colpo bene assestato colpiva il manufatto ex miracoloso, distruggendolo.
All’interno si trovava una spugna intrisa di sangue d’animale che strizzata mediante una cordicella faceva sanguinare l’immagine del Crocifisso.
Tanto basto che l’astuto ex Parroco, dopo un regolare processo venisse giustiziato pubblicamente ad esempio di chi avesse avuto l’ardire di ripetere il misfatto.
Da questa storia aneddotica è derivato il belliniano proverbio dialettale:
“Papa Sesto, nun la perdonò neppure a Ccristo!”




